Un impegno quotidiano per salvare tanti bambini
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Lasciamo Jabada nel primo pomeriggio, alla volta di Tite, capoluogo dell’omonimo settore del Quinara, dove visitiamo quello che era un tempo un ospedale. È stato realizzato e gestito per alcuni anni da volontari di Verona, e poi passato in consegna al governo locale.
Oggi, per assenza di una sala operatoria, di fatto è un semplice ambulatorio, dove lavorano senza risparmiarsi 3 infermieri e 2 tecnici di laboratorio, guidati dal dottor Vasco, un giovane medico che ha studiato a Cuba. Guidati dal dottor Vasco visitiamo il laboratorio per le analisi, attrezzato con una strumentazione vecchissima dove però riescono a realizzare – oltre agli esami del sangue di base – anche i test per la tubercolosi e i test veloci per l’AIDS.
Ci spostiamo poi all’infermeria, dove il medico ci mostra i farmaci antiretrovirali per la cura dell’AIDS, che vengono dati gratuitamente alle persone sieropositive, e il frigorifero per i vaccini fornito dall’UNICEF. Vediamo anche la moto e le due biciclette dell’UNICEF che gli infermieri e lo stesso medico utilizzano per spostarsi nei villaggi.
Quando ci spostiamo nell’ala dell’ospedale dove vi sono le camere per la degenza, con 29 posti letto, il dottor Vasco ci racconta che vi sono ricoverati 4 bambini, il più piccolo dei quali ha 4 mesi. Tre di loro hanno la malaria, il quarto ha contratto la polmonite. Tutti soffrono di diarrea acuta e in questo momento il medico è impegnato soprattutto su questo fronte, per arrestare la disidratazione con i sali reidratanti (che l’UNICEF fornisce).
Visitiamo infine quella che era un tempo la sala operatoria, non più in funzione in quanto l’ospedale non ha elettricità (non vi è un generatore elettrico) e di parte dell’attrezzatura. Il dottor Vasco è un chirurgo e vive con grande frustrazione l’impossibilità di operare i suoi pazienti, soprattutto quando deve assistere impotente alla morte di alcuni bambini che potrebbero essere salvati intervenendo chirurgicamente.
Il dottor Vasco ci racconta anche della rabbia che prova quando bambini malati gli vengono portati dai genitori troppo tardi per poter essere salvati, a causa del tempo perso seguendo le indicazioni dei guaritori tradizionali, figure religiose che godono ancora della fiducia delle comunità e che praticano riti magici.
Purtroppo, a causa dell’ignoranza, ancora troppe famiglie si rivolgono ai guaritori tradizionali e giungono dal dottor Vasco quando è troppo tardi per poter curare malattie che a volte portano i bambini alla morte nell’arco di pochi giorni o persino di poche ore.
Salutiamo il dottor Vasco sulla soglia del “suo” ospedale, ammirati per la forza con cui ogni giorno quest’uomo affronta la battaglia per salvare le vite di tanti bambini, e ci mettiamo in viaggio in direzione del settore di Foia.
Vogliamo raggiungere le squadre di volontari comunitari che stanno girando tra i villaggi per la giornata conclusiva della campagna di vaccinazioni contro la polio, sostenuta dall’UNICEF. Le squadre girano per i villaggi vaccinando i bambini e somministrando anche la vitamina A e le pasticche contro le parassitosi.
In una tabanka assistiamo alla vaccinazione di Quinta Quimora, che compirà 5 anni l’11 maggio. I volontari chiedono alla madre di Quinta di mostrare loro la tessera salute della bambina - il cartoncino giallo con il logo dell’UNICEF, che abbiamo già visto al mattino in mano alle donne di Jabada - da cui rilevano che la piccola ha ricevuto tutte le vaccinazioni di base.
Prima di procedere alla vaccinazione, l’operatrice comunitaria spiega alla madre cosa darà alla bambina. Quinara guarda con occhi curiosi, probabilmente si chiede il motivo di tutte queste persone interessate attorno a lei. L’operatrice le dà prima la vitamina A, poi le tre gocce di vaccino ed infine la pastiglia contro le parassitosi.
Quinara ingoia la pasticca senza fare storie, ma non deve essere buonissima, visto la faccia che fa! Alla fine, i volontari le macchiano uno dei mignoli con l’inchiostro viola: è il segno identificativo dei bambini che sono stati vaccinati. Mentre la salutiamo, augurandole buona fortuna, Quinara si rimira il dito tutta contenta.
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