Lavoro minorile
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- Questo articolo è stato pubblicato nel 2009, per accedere a contenuti aggiornati visita la pagina Protezione dell'Infanzia
Nel mondo sono più di 160 milioni i bambini intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro salute mentale e fisica e li condannano ad una vita senza svago né istruzione.
Il fenomeno del lavoro minorile è concentrato soprattutto nelle aree più povere del pianeta, in quanto sottoprodotto della povertà, che contribuisce anche a riprodurre. Tuttavia, non mancano casi di bambini lavoratori anche nelle aree marginali del Nord del mondo.
Da sempre l'UNICEF combatte la piaga del lavoro minorile, e lo fa sulla base di una posizione che tiene conto della natura complessa del fenomeno e delle condizioni concrete in cui versa l'infanzia sfruttata.
In particolare, l'UNICEF considera la differenza tra child labour - sfruttamento economico in condizioni nocive per il benessere psico-fisico del bambino - e children's work, una forma di attività economica più leggera e tale da non pregiudicare l'istruzione e la salute del minore.
Le forme peggiori del lavoro minorile
- Secondo i dati dell'ILO, nel mondo oltre 70 milioni di bambini sono impiegati in varie forme di lavoro pericoloso, come il lavoro in miniera, a contatto con sostanze chimiche e pesticidi agricoli o con macchinari pericolosi.
E' il caso dei bambini impiegati nelle miniere in Cambogia, nelle piantagioni di tè nello Zimbabwe, o che fabbricano bracciali di vetro in India.
Tra le peggiori forme di lavoro minorile rientra anche il lavoro di strada, ovvero l'impiego di tutti qui bambini che, visibili nelle metropoli asiatiche, latino-americane e africane, cercano di sopravvivere raccogliendo rifiuti da riciclare o vendendo cibo e bevande.
Altra faccia di questa tragica realtà è lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, che coinvolge un milione di bambini ogni anno.
Se le varie tipologie di lavoro minorile posson essere in qualche modo quantificate, una più di altre è caratterizzata dall'invisibilità e sfugge a una valutazione statistica: si tratta del lavoro domestico e familiare, in cui sono impiegate soprattutto le bambine.
Che si tratti di lavoro in casa di altri (lavoro domestico) o in casa propria (lavoro familiare), per le bambine esso diventa spesso una vera e propria forma di schiavitù, che le costringe a vivere nell'incubo della violenza e dell'abuso.
Comprendere il lavoro minorile
Con l'obiettivo di individuare soluzioni efficaci e di lungo periodo alla problematica del lavoro minorile, l'UNICEF, in collaborazione con l'ILO-IPEC e la Banca Mondiale ha avviato lo Understanding Children's Work (UCW), un progetto di ricerca che ha consentito di "fotografare" con precisione la realtà del lavoro minorile in diversi Paesi in via di sviluppo, orientando così le strategie finalizzate ad affrontare il problema.
L'UNICEF riconosce che i principali interlocutori utili alla comprensione del fenomeno del lavoro minorile sono gli stessi bambini lavoratori.
Per questo, in Italia, la nostra organizzazione aderisce alle iniziative promosse dal Coordinamento sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (PIDIDA) e ospita o promuove gli incontri periodici dei ragazzi lavoratori riuniti nel movimento NAT's (niños y adolescentes trabajadores).
Dare voce ai bambini vittime del lavoro consente alle organizzazioni internazionali di capire meglio il fenomeno, e migliorare gli interventi a favore dei bambini.
In effetti a partire dal 2002 si è verificata, sopratutto in America Latina e Caraibi, una diminuzione del 26% del numero di minori impiegati in lavori pericolosi.
Progressi più lenti si registrano invece in Africa Subsahariana e in Asia.