"Terreferme", una famiglia per i minorenni migranti soli in Italia
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5 settembre 2018 - Aprire la propria porta di casa a un minorenne straniero senza famiglia per accompagnarlo nel suo percorso di inclusione sociale: è questo lo spirito di "Terreferme", progetto pilota di UNICEF e CNCA (Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza) e che oggi entra nella fase pienamente operativa con il primo abbinamento tra una famiglia e un ragazzo, realizzato in provincia di Milano.
"Terreferme" è un progetto di affidamento familiare innovativo, non solo perché pensato per offrire anche a questi ragazzi l’opportunità di vivere in famiglia, ma anche perché pone le basi per un modello di intervento e collaborazione inter-istituzionale tra Regioni diverse: da un lato la Sicilia, che da sola ospita il 43% di tutti i minorenni stranieri non accompagnati (MSNA) presenti sul territorio nazionale, e dall'altro Lombardia e Veneto, dove sono presenti solide reti di famiglie affidatarie.
In questi mesi sono state selezionate 18 famiglie, e ben 260 tra cittadini e operatori sociali hanno partecipato a uno speciale percorso formativo per questa forma di affido, che comporta anche la conoscenza e la gestione delle differenze culturali tra le famiglie e i contesti di provenienza dei MSNA. Dieci di questi ultimi - fra i quali due sorelline della Costa d'Avorio di 11 e 16 anni - sono in attesa soltanto che si completino le ultime procedure amministrative per trasferirsi in una famiglia.
Quello dei MSNA è un tratto distintivo dei flussi migratori che in questi anni hanno riguardato l’Italia: essi rappresentano circa 1/6 dei migranti che arrivano via mare, e seppure il numero degli sbarchi sia in nettissimo calo ormai da un anno (-80% rispetto ai primi 8 mesi del 2017) sono tuttora oltre 13.000 i minorenni stranieri soli accolti nel sistema di accoglienza italiano.
Quasi tutti questi minorenni (oltre il 70%, secondo un recente sondaggio condotto dall'UNICEF tramite la piattaforma "U-Report On the Move" , che conta quasi 900 MSNA iscritti) preferirebbero vivere in una famiglia anziché in un centro di accoglienza, per ritrovare un contesto affettivo e relazionale a misura di bambino, un senso di protezione e un sostegno concreto nel complicato percorso di inclusione che dovranno affrontare.nella nuova società ospitante.
«La famiglia è riconosciuta come ambiente naturale più idoneo per la protezione e la crescita di ogni bambino. L’affido familiare è contemplato dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza tra le forme di protezione e cura da privilegiare per i minorenni non accompagnati» ricorda Anna Riatti, Coordinatrice del programma dell’UNICEF per migranti e rifugiati in Italia. «Oltre al diritto, l’affido rappresenta una risposta ai desideri dei MSNA che vedono in questo la soluzione ai loro bisogni e speranze per il futuro che vanno dal supporto psico-sociale all’istruzione e all’apertura di opportunità lavorative che spesso sono la ragione all’origine del loro viaggio.»
La storia di Mohammed, detto Momò
Momò, il giovane protagonista del primo abbinamento, proviene dall’Egitto. Il suo viaggio, con la rischiosa traversata del Mediterraneo, è ormai alle spalle. Da oggi la sua casa è quella di Stefano e Giovanna, a Vittuone, un piccolo comune nell’hinterland milanese.
«Se siamo emozionati noi, figuriamoci lui!» rivela Stefano. «Oggi per Momò è il giorno delle ‘prime volte’: il primo volo in aereo, la prima volta al Nord, il primo arrivo con qualcuno che è lì ad aspettare proprio te.»
Dietro ogni storia come quella di Momò c'è un progetto personalizzato, che si basa su un'analisi accurata dei bisogni specifici del minorenne e delle risorse sociali, educative e lavorative disponibili sul territorio ospitante.
«L’affido è sempre un’esperienza forte di ‘genitorialità sociale’ che accompagna e dà senso alla scelta della singola famiglia accogliente. ‘Ci vuole tutto un villaggio per far crescere un bambino’ dice una massima africana, e nulla di più vero si potrebbe dire per definire la storia, le finalità e l’essenza dell’affido familiare» ribadisce Liviana Marelli (CNCA).
«L’esperienza di affido familiare è generativa di cambiamento per i singoli e per la collettività perché apre processi di confronto con la comunità locale, costruisce relazioni con le altre famiglie, sollecita corresponsabilità nei processi di inclusione e di avvio all’autonomia dei ragazzi/e accolti. Una comunità che accoglie riscopre il valore della reciprocità quale “bene comune” per tutti, non solo per il ragazzo/a in affido.»
L'affido familiare è tanto più una risorsa da valorizzare in quanto essa rappresenta il "superiore interesse del minorenne" (uno dei principi cardine della Convenzione ONU sui diritti dell'Infanzia e dell’Adolescenza) e costituisce una delle forme alternative di accoglienza che il programma UNICEF per i migranti e rifugiati intende promuovere, in linea anche con quanto previsto dalla Legge 47/2017 (nota come "Legge Zampa"), che costituisce l’attuale quadro normativo principale per i MSNA in Italia.
«Sostenere percorsi alternativi di accoglienza, a lungo termine e a misura di bambino, in particolare sostenere gli affidi familiari per MSNA, rappresenta una priorità dell’UNICEF in Italia» conclude Anna Riatti (UNICEF). «Continueremo a lavorare in questa direzione insieme a tutte le autorità competenti. Per ragazzi che hanno alle spalle un’infanzia piena di difficoltà e sofferenza, il nostro sostegno rappresenta adesso una vera e propria seconda opportunità, e un investimento per costruire una società multiculturale, migliore per tutti.»