2018, un anno di guerre contro i bambini
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28 dicembre 2018 – Nel 2019 si celebrano il 30° anniversario della ratifica della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e il 70° anniversario delle 4 Convenzioni di Ginevra sulla protezione dei civili nei conflitti, eppure oggi il numero di paesi coinvolti in conflitti interni o internazionali è il più alto da 30 anni a questa parte.
Ad affermarlo è Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF. «I bambini che vivono in situazioni di guerra sono fra quelli che hanno minori probabilità di vedere garantiti i loro diritti fondamentali. Gli attacchi armati contro i bambini devono cessare» afferma Fontaine.
La panoramica dei conflitti in corso del 2018 è sconfortante.
In Siria, solamente tra gennaio e settembre, le Nazioni Unite hanno accertato l’uccisione di 870 bambini – il più alto numero mai registrato nei primi 9 mesi dell'anno da quando il conflitto è scoppiato, nel marzo 2011. Gli attacchi sono proseguiti per tutto l'arco dell’anno: nel solo mese di novembre, 30 bambini sono stati uccisi nel villaggio di Al Shafa, nella Siria orientale.
Nello Yemen, l'ONU ha verificato l’uccisione o il ferimento di 1.427 bambini, compreso il bombardamento di uno scuolabus avvenuto ad agosto a Sa'ada (oltre 60 le vittime, per lo più ragazzini tra i 10 e i 13 anni). Scuole e ospedali sono stati oggetto di frequenti attacchi o sono stati usati per scopi militari, negando ai bambini l'accesso al loro diritto all'istruzione e all'assistenza sanitaria. Questo sta ulteriormente alimentando una crisi in un paese in cui ogni 10 minuti un bambino muore a causa di malattie prevenibili e 400.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta grave.
In Afghanistan, violenze e massacri sono avvenimenti quotidiani, con circa 5.000 bambini uccisi o feriti nei primi 9 mesi del 2018, quanti nell'intero 2017. I bambini rappresentano l'89% delle vittime civili a causa delle mine e di altri residuati bellici esplosivi.
Nel Nord-est della Nigeria i gruppi armati, in primo luogo Boko Haram, continuano a colpire le ragazze: stuprate, costrette a sposare combattenti o utilizzate come bombe umane. A febbraio, Boko Haram ha rapito 110 alunne e uno studente del college tecnico di Dapchi, nello Stato di Yobe. Mentre la maggior parte delle studentesse sono state rilasciate, 5 ragazze sono morte e una è tuttora prigioniera in condizioni di schiavitù. Sono un migliaio, nel paese africano, le scuole chiuse o inagibili a causa delle ostilità.
In Somalia, oltre 1.800 bambini sono stati reclutati dalle parti in conflitto nei primi 9 mesi del 2018 e 1.278 sono stati rapiti.
Nella Repubblica Centrafricana, la drammatica recrudescenza delle ostilità ha coinvolto gran parte del paese, con 2/3 dei bambini bisognosi di assistenza umanitaria.
Nella Repubblica Democratica del Congo la violenza inter-etnica e gli scontri tra forze di sicurezza e gruppi armati/milizie nella regione del Grande Kasai e nelle province orientali del Tanganica, del Kivu meridionale, del Nord Kivu e dell'Ituri hanno avuto un impatto devastante sui bambini. La risposta all'attuale epidemia di Ebola è stata seriamente ostacolata dalla violenza e dall'instabilità nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Inoltre, si stima che 4,2 milioni di bambini siano a rischio di malnutrizione acuta grave (SAM). La situazione è aggravata dalle violazioni dei diritti dei bambini, tra cui il reclutamento forzato da parte di gruppi armati e gli abusi sessuali.
In Iraq, sebbene i combattimenti si siano in massima parte placati, a novembre 4 bambini sono stati uccisi nel nord del paese quando il furgone con cui si recavano a scuola è stato bombardato. I bambini e le famiglie che ritornano alle loro case in zone precedentemente colpite da pesanti violenze continuano ad essere esposti al pericolo degli di ordigni inesplosi. Migliaia di famiglie rimangono sfollate e devono affrontare le ulteriori minacce del gelo invernale e delle inondazioni improvvise, tipiche di questa regione.
Nel bacino del Lago Ciad, il conflitto in corso, gli sfollamenti e gli attacchi sulle scuole, contro gli insegnati e le altre strutture scolastiche hanno messo a rischio l’istruzione per 3,5 milioni di bambini. Tra Nord-est della Nigeria e regione del Lago Ciad, nell’estremo nord del Camerun e nella regione di Diffa in Niger, almeno 1.041 scuole sono chiuse o inagibili a causa delle ostilità, negando la possibilità di studiare a circa 445.000 bambini.
Nel Camerun c’è stata un’escalation del conflitto nelle regioni Nord e Sud occidentali del paese, con le scuole, gli studenti e gli insegnanti spesso sotto attacco. A novembre, oltre 80 persone, compresi molti bambini, sono stati rapiti da una scuola a Nkwen, nel nord ovest del paese e rilasciati pochi giorni dopo. Ad oggi, 93 villaggi sarebbero stati bruciati parzialmente o totalmente a causa di conflitti, con molti bambini che hanno subito livelli estremi di violenza.
Una recente ondata di violenze nella regione di confine tra Mali, Burkina Faso e Niger ha causato la chiusura di 1.478 scuole.
Nel Myanmar, le Nazioni Unite continuano a ricevere notizie di violazioni dei diritti dei Rohingya rimasti nel nord dello Stato di Rakhine, che comprendono accuse di omicidi, scomparse e arresti arbitrari. Ci sono anche diffuse restrizioni dei diritti di libertà di movimento e ostacoli nell’accesso ai servizi sanitari e scolastici nel Rakhine centrale. Assicurare che i bambini abbiano accesso ad un’istruzione di qualità e ad altri servizi di base eviterà una “generazione perduta” di bambini Rohingya; se ciò non avverrà, essi perderanno le competenze di cui hanno bisogno per contribuire alla società.
In Palestina, quest’anno, oltre 50 bambini e ragazzi sono stati uccisi e altre centinaia sono rimasti feriti, molti mentre manifestavano contro il deterioramento delle condizioni di vita a Gaza. I bambini in Palestina e Israele sono stati esposti a paura, trauma e rischio di essere feriti.
Nel Sud Sudan, il conflitto inarrestabile e l'insicurezza durante l’annuale stagione magra hanno portato 6,1 milioni di persone alla fame estrema. Anche con l'arrivo della stagione delle piogge, oltre il 43% della popolazione rimane in condizioni di insicurezza alimentare. Mentre la promessa di un nuovo accordo di pace offre un barlume di speranza per i bambini, continuano le segnalazioni di estrema violenza contro donne e bambini, la più recente a Bentiu, dove oltre 150 donne e ragazze hanno raccontato di aver subito terribili aggressioni sessuali.
Nell'Ucraina orientale, oltre 4 anni di conflitto rappresentano un peso devastante sul sistema scolastico dei bambini, dato che centinaia di scuole sono state distrutte e danneggiate e 700.000 bambini sono costretti ad imparare in ambienti delicati, tra combattimenti instabili e pericoli causati da ordigni di guerra inesplosi. La situazione è particolarmente grave per 400.000 bambini che vivono nel raggio 20km dalla linea di contatti che divide le aree controllate e non controllare dal Governo e dove bombardamenti e forti rischi causati da mine rappresentano una minaccia mortale.
Secondo l’UNICEF, il futuro di milioni di bambini che vivono in paesi colpiti da conflitti armati è in pericolo, mentre le parti in guerra continuano a commettere gravi violazioni contro i bambini e i leader del mondo non imputano loro le responsabilità cui dovrebbero rispondere.
“I bambini che vivono in zone di conflitto negli ultimi 12 mesi hanno continuato a soffrire livelli estremi di violenza e il mondo ha continuato a deluderli,” ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF.” Da troppo tempo le parti in conflitto stanno commettendo atrocità con un’impunità quasi totale e tutto questo sta solo peggiorando. Molto di più può e deve essere fatto per proteggere e dare assistenza ai bambini.”
I bambini che vivono nei paesi in guerra sono sotto diretto attacco, utilizzati come scudi umani, uccisi, feriti o reclutati per combattere. Stupro, matrimoni forzati e rapimento sono diventati la normalità nelle tattiche di conflitto dalla Siria allo Yemen, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, al Sud Sudan, al Myanmar.
L’UNICEF chiede alle parti in conflitto di rispettare i loro obblighi secondo il diritto internazionale di porre fine immediatamente alle violazioni contri i bambini e all’utilizzo, come obiettivi, di infrastrutture civili che comprendono scuole, ospedali e infrastrutture idriche. L’UNICEF chiede anche agli stati che hanno un’influenza sulle parti in conflitto di utilizzare quest’influenza per proteggere i bambini.
“È necessario fare molto più per prevenire la guerra e porre fine a molti disastrosi conflitti armati che devastano le vite dei bambini. Eppure, anche se le guerre continuano, non dobbiamo mai accettare gli attacchi contro i bambini. Dobbiamo fare in modo che le parti in guerra abbiano l'obbligo di proteggerli. Altrimenti, saranno i bambini, le loro famiglie e le loro comunità che continueranno a soffrire conseguenze devastanti, ora e negli anni a venire", ha detto Fontaine.
In tutti questi paesi, l’UNICEF lavora con i suoi partner per fornire ai bambini più vulnerabili servizi sanitari, per la nutrizione, l’istruzione e la protezione. Per esempio, ad ottobre, l’UNICEF ha contribuito al rilascio di 833 bambini reclutati in conflitti armati nel nordest della Nigeria e sta lavorando perché questi bambini siano reintegrati nelle loro comunità. Da quando il conflitto è esploso in Sud Sudan 5 anni fa, l’UNICEF ha riunito circa 6.000 bambini non accompagnati e separati con le loro famiglie. In Bangladesh, nel 2018, l’UNICEF ha raggiunto migliaia di bambini rifugiati Rohingya con supporto per la salute mentale e psicosociale. In Iraq, l’UNICEF sta lavorando con i suoi partner per fornire servizi specialistici alle donne e ai bambini colpiti da violenza di genere.