Anna e Marco sfogliano le foto sul cellulare: Korka è entrato nell'album di famiglia
5 minuti di lettura
Anna e Marco scorrono le foto sul telefono di quella che è oggi la loro famiglia allargata, da quando Korka è entrato a far parte della loro vita.
“La prima volta che ci siamo visti, non sapevo cosa aspettarmi, chi mi sarei trovato davanti, avevo difficoltà perché da quando sono arrivato in Italia fino a poco prima ero stato solo con persone che venivano dal mio stesso percorso – ricorda Korka – Avevo paura di fare qualcosa di sbagliato. Poi loro sono stati gentili da subito. Da lì mi son detto: va bene, posso provare”.
“Era timidissimo – sorride Marco - faceva fatica a parlare. Però era emozionante questa cosa".
"Il percorso non è partito dall’oggi al domani. È iniziato con degli incontri per conoscerci, ci siamo trovati in un bar che poi è diventato il punto dove ci siamo visti due, tre volte, prima da soli, poi con Carlotta e Niccolò, i nostri due figli. Korka e ci è piaciuto da subito.
Inizia il percordo di affiancamento
Korka si trasferisce in casa.
"Mi hanno detto di rimanere con loro, e lì mi sono sentito molto leggero, da lì in poi ho iniziato ad aprirmi. All’inizio - confessa – è stato strano, poi è arrivato Niccolò, il figlio più piccolo, e mi ha chiesto di andare fuori a giocare, da lì è stato tutto più facile”.
Anche Carlotta, la figlia della coppia, trova presto un equilibrio con Korka: “Quando è arrivato a casa – racconta - abbiamo dovuto capire gli spazi, ambientarci, lui stava sempre di sopra a lavorare. Ci piaceva però l’idea di avere una persona in casa, e ormai… siamo come fratelli”.
Continuano a scorrere le foto, dove ci sono i compleanni, le gite in montagna, il posto del cuore di Marco, tutti momenti che li hanno resi “famiglia”.
Korka si è avvicinato da adulto all'accoglienza, studiava e lavorava già
“Per me è stato fondamentale – racconta Korka– avere un obiettivo, un progetto in cui potessero accompagnarmi”.
Mentre lui lavorava come rider e coltivava la passione dell’informatica, Anna che lavorava nel settore, inizia a indirizzarlo su corsi professionalizzanti. “Lo abbiamo accompagnato come un figlio che si affaccia al mondo del lavoro, ed è bello vedergli prendere la sua strada, vederlo emanciparsi. È stato bello sapere che cambiava lavoro, quel lavoro che ci teneva svegli la sera ad aspettare che rientrasse, tardi, con la pioggia e con la neve, che oggi ha una casa sua e che comunque continuiamo a coltivare i nostri momenti insieme”.
È stata lei (Anna) che mi ha fatto diventare chi sono oggi, perché grazie a lei ho fatto tante cose. Prima stavo cercando la mia strada. Ora ho scelto che fare, so quali sono i miei obiettivi.
Korka parla dell'aiuto ricevuto dalla famiglia, in particolare Anna
Quello di Korka non è un caso isolato
“La collaborazione tra UNICEF e Refugees Welcome Italia nasce a seguito di una ricerca in cui abbiamo chiesto ai ragazzi e ai MSNA quali fossero i fattori protettivi che facilitano la transizione all’età adulta al diciottesimo anno di età – spiega Ivan Mei, Specialista Protezione Infanzia dell’UNICEF - Uno degli elementi più importanti per loro era proprio avere dei riferimenti adulti formali o informali che li accompagnassero nel processo di inclusione sociale. È su questa base che nasce il modello del mentoring”
“Grazie al mentoring - e quindi all'affiancamento familiare - i ragazzi neomaggiorenni ritrovano la capacità di sognare e riescono davvero a creare dei progetti di vita che siano sostenibili, realizzabili e duraturi – afferma Fabiana Musicco, Direttrice di Refugees Welcome Italia - Le sfide del mentoring sono quelle di riuscire a creare una relazione significativa con questi ragazzi e ragazze che hanno lasciato il Paese ancora minorenni, sono arrivati da soli e hanno dovuto affrontare molte difficoltà, trovare un legame significativo è un punto di svolta della loro vita”.
Per creare questo legame è però necessaria apertura.
Io non ho incontrato difficoltà perché mi hanno accolto come sono non hanno cercato di cambiare qualcosa
Korka
“Non ci siamo posti il problema dell’età, non avevamo preconcetti, non avevamo idee prima di incontrare Korka – racconta Marco - La prima cosa è immedesimarsi negli altri, noi quando abbiamo deciso di intraprendere questo percorso, abbiamo deciso di immedesimarci nella vita di Korka, volevamo accogliere con la consapevolezza che ci fosse un mondo molto diverso dal nostro, che potesse avere un riscatto da un certo punto di vista”.