Coronavirus, aumento globale della violenza contro i minori
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Secondo una nuova indagine globale dell'UNICEF, i servizi di prevenzione e contrasto della violenza sui minorenni hanno subito pesanti interruzioni durante la pandemia da COVID-19, esponendo bambini e adolescenti a un rischio più elevato di violenza, sfruttamento e abusi.
«Sui 136 Stati che hanno fornito dati alla "Socio-Economic Impact Survey of COVID-19 Response" dell'UNICEF, 104 hanno segnalato un'interruzione dei servizi di prevenzione e risposta alle violenze contro i bambini» riassume il Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo,
«Circa due terzi dei Paesi, tra cui Sudafrica, Malesia, Nigeria e Pakistan, hanno riferito che almeno parte dei servizi è stata gravemente limitata, Asia meridionale, Europa orientale e Asia centrale segnalano la più alta percentuale di interruzioni nella disponibilità dei servizi.»
Anche prima della pandemia l'esposizione dei minorenni a violenze e abusi era diffusa, considerando ad esempio che circa metà dei bambini nel mondo subiscono punizioni corporali in ambito domestico, che quasi tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni sono regolarmente sottoposti a forme di disciplina violenta e che un'adolescente su tre (15-19 anni) subisce molestie o comportamenti violenti dal proprio partner.
«Stiamo appena iniziando a comprendere appieno i danni causati ai bambini dalla maggiore esposizione alla violenza durante i lockdown» afferma il Direttore esecutivo dell'UNICEF Henrietta Fore. «Le chiusure scolastiche in corso e le restrizioni di movimento hanno lasciato molti bambini bloccati in casa, alla mercé di soggetti abusanti sempre più frustrati.
L'impatto del lockdown sui servizi di protezione e sull'operatività degli assistenti sociali fa sì che i bambini non hanno risorse a cui rivolgersi per chiedere aiuto.»
«Sui 136 Stati che hanno fornito dati alla "Socio-Economic Impact Survey of COVID-19 Response" dell'UNICEF, 104 hanno segnalato un'interruzione dei servizi di prevenzione e risposta alle violenze contro i bambini» riassume il Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo,
«Circa due terzi dei Paesi, tra cui Sudafrica, Malesia, Nigeria e Pakistan, hanno riferito che almeno parte dei servizi è stata gravemente limitata, Asia meridionale, Europa orientale e Asia centrale segnalano la più alta percentuale di interruzioni nella disponibilità dei servizi.»
Anche prima della pandemia l'esposizione dei minorenni a violenze e abusi era diffusa, considerando ad esempio che circa metà dei bambini nel mondo subiscono punizioni corporali in ambito domestico, che quasi tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni sono regolarmente sottoposti a forme di disciplina violenta e che un'adolescente su tre (15-19 anni) subisce molestie o comportamenti violenti dal proprio partner.
«Stiamo appena iniziando a comprendere appieno i danni causati ai bambini dalla maggiore esposizione alla violenza durante i lockdown» afferma il Direttore esecutivo dell'UNICEF Henrietta Fore. «Le chiusure scolastiche in corso e le restrizioni di movimento hanno lasciato molti bambini bloccati in casa, alla mercé di soggetti abusanti sempre più frustrati.
L'impatto del lockdown sui servizi di protezione e sull'operatività degli assistenti sociali fa sì che i bambini non hanno risorse a cui rivolgersi per chiedere aiuto.»
Contatti limitati, aiuto ridotto
Più della metà degli Stati che hanno partecipato all'indagine ha segnalato interruzioni nella gestione dei casi individuali, nei servizi di riferimento e nelle visite a domicilio da parte di assistenti sociali ai bambini e alle donne a rischio di abusi.
In numerosi paesi sono stati sospesi anche i programmi per la prevenzione della violenza, l'accesso da parte dei minorenni alle autorità garanti, nazionali o locali, per la tutela dell'infanzia e i numeri di assistenza telefonica.
Studi analoghi sulle epidemie del passato testimoniano dell'impatto devastante che le crisi sanitarie possono avere sulla capacità di denunciare le violenze sui minori e sulla fornitura di servizi correlati.
Durante l'epidemia di Ebola in Africa occidentale del 2014-2016, ad esempio, le strutture di assistenza all'infanzia e i meccanismi comunitari sono stati indeboliti e gli interventi di protezione dell'infanzia sono stati ritardate o comunque limitati.
Durante la pandemia di COVID-19, la limitazione dei contatti con le figure informali di sostegno (amici, insegnanti, operatori sociali, famiglia allargata e altri membri della comunità) ha reso bambini e famiglie ancora più vulnerabili.
Come risposta, l'UNICEF sta sostenendo i governi e le organizzazioni partner per mantenere e adattare i servizi di prevenzione e risposta urgente per i bambini colpiti dalla violenza durante il COVID-19.
Ad esempio, in Bangladesh, l'UNICEF ha fornito kit per l'igiene personale, maschere, disinfettanti per le mani e visiere protettive per gli operatori dei servizi sociali, per metterli in condizione di aiutare in condizioni di sicurezza i bambini che vivono sulla strada, nei quartieri più poveri e nelle zone più difficili da raggiungere, oltre a reclutare e formare ulteriori operatori per il numero telefonico nazionale di assistenza, il 1098.
«I sistemi di protezione dei bambini erano già in difficoltà nel prevenire e rispondere alla violenza contro i bambini: la pandemia ha aggravato il problema e ha bloccato coloro che dovevano proteggere i soggetti a rischio» spiega ancora la direttrice dell'UNICEF Fore.
«Sono fin troppi i bambini che dipendono dai sistemi di tutela dell'infanzia per essere al sicuro. In tempi di crisi, i governi devono prendere misure immediate e a lungo termine che proteggano i bambini dalla violenza, come ad esempio stanziare fondi per gli operatori sociali, rafforzare le linee telefoniche di aiuto per l’infanzia e mettere a disposizione risorse a sostegno della genitorialità.»
In numerosi paesi sono stati sospesi anche i programmi per la prevenzione della violenza, l'accesso da parte dei minorenni alle autorità garanti, nazionali o locali, per la tutela dell'infanzia e i numeri di assistenza telefonica.
Studi analoghi sulle epidemie del passato testimoniano dell'impatto devastante che le crisi sanitarie possono avere sulla capacità di denunciare le violenze sui minori e sulla fornitura di servizi correlati.
Durante l'epidemia di Ebola in Africa occidentale del 2014-2016, ad esempio, le strutture di assistenza all'infanzia e i meccanismi comunitari sono stati indeboliti e gli interventi di protezione dell'infanzia sono stati ritardate o comunque limitati.
Durante la pandemia di COVID-19, la limitazione dei contatti con le figure informali di sostegno (amici, insegnanti, operatori sociali, famiglia allargata e altri membri della comunità) ha reso bambini e famiglie ancora più vulnerabili.
Come risposta, l'UNICEF sta sostenendo i governi e le organizzazioni partner per mantenere e adattare i servizi di prevenzione e risposta urgente per i bambini colpiti dalla violenza durante il COVID-19.
Ad esempio, in Bangladesh, l'UNICEF ha fornito kit per l'igiene personale, maschere, disinfettanti per le mani e visiere protettive per gli operatori dei servizi sociali, per metterli in condizione di aiutare in condizioni di sicurezza i bambini che vivono sulla strada, nei quartieri più poveri e nelle zone più difficili da raggiungere, oltre a reclutare e formare ulteriori operatori per il numero telefonico nazionale di assistenza, il 1098.
«I sistemi di protezione dei bambini erano già in difficoltà nel prevenire e rispondere alla violenza contro i bambini: la pandemia ha aggravato il problema e ha bloccato coloro che dovevano proteggere i soggetti a rischio» spiega ancora la direttrice dell'UNICEF Fore.
«Sono fin troppi i bambini che dipendono dai sistemi di tutela dell'infanzia per essere al sicuro. In tempi di crisi, i governi devono prendere misure immediate e a lungo termine che proteggano i bambini dalla violenza, come ad esempio stanziare fondi per gli operatori sociali, rafforzare le linee telefoniche di aiuto per l’infanzia e mettere a disposizione risorse a sostegno della genitorialità.»
Il caso Italia
Secondo un recente Rapporto ISTAT, il 69% delle donne vittime di violenza che si rivolgono al numero verde 1522 - messo a disposizione dal Dipartimento pari Opportunità della Presidenza del Consiglio - dichiarano di aver figli, di cui il 59% minori. Nel 62% dei casi le vittime affermano che i figli hanno assistito alla violenza e, nel 18% dei casi, dichiarano che essi la hanno anche subita.
La percentuale di vittime che dichiarano episodi di violenza assistita passa dal 57,5% (sul totale delle vittime con figli per anno) al 67,4 %. Ancora più drammatica appare la crescita di percentuale di coloro che dichiarano che gli episodi di violenza si siano rivolti anche ai minori. Il numero delle vittime che afferma che la violenza subita ha riguardato anche i figli passa da 836 a 1.084.
Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Le vittime che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%). Le denunce per maltrattamenti in famiglia sono diminuite del 43,6%, quelle per omicidi di donne del 33,5%, tra le quali risultano in calo dell’83,3% le denunce per omicidi femminili da parte del partner.
La percentuale di vittime che dichiarano episodi di violenza assistita passa dal 57,5% (sul totale delle vittime con figli per anno) al 67,4 %. Ancora più drammatica appare la crescita di percentuale di coloro che dichiarano che gli episodi di violenza si siano rivolti anche ai minori. Il numero delle vittime che afferma che la violenza subita ha riguardato anche i figli passa da 836 a 1.084.
Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Le vittime che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%). Le denunce per maltrattamenti in famiglia sono diminuite del 43,6%, quelle per omicidi di donne del 33,5%, tra le quali risultano in calo dell’83,3% le denunce per omicidi femminili da parte del partner.
Dichiarazione di Francesco Samengo, Presidente dell’UNICEF Italia
"Nell’ambito del documento “Infanzia e adolescenza ai tempi del Coronavirus: le proposte dell'UNICEF Italia per l'emergenza e per il post-emergenza”, presentato all'Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, sul tema della violenza, l’UNICEF Italia ha espresso il proprio apprezzamento, in questa fase di emergenza, il potenziamento della campagna di comunicazione sul numero 1522 condotta dal Ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità.
In parallelo è necessario potenziare la capacità di presa in carico integrata da parte dei servizi sociosanitari e legali in questo momento così delicato (anche mediante forme di tutela di prossimità, così come indicati nelle raccomandazioni ONU).
Nel post emergenza l’UNICEF Italia chiede che a scadenza dell’attuale Piano Nazionale contro la violenza (2017-2020) il Paese non rimanga sprovvisto di questo importante strumento di pianificazione e che maggiore spazio sia dato alle politiche di settore dedicate all'infanzia e all'adolescenza, anche attraverso una raccolta dati consolidata e interventi di formazione degli operatori che seguano approcci olistici e omogenei sul territorio nazionale, anche tenendo in considerazione gli standard internazionali.
Colgo anche l’occasione per ringraziare – per l’incessante lavoro svolto - i diversi gruppi tematici (composti da rappresentanti di istituzioni e associazioni), che, all'interno dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, con una metodologia condivisa e partecipata, stanno affrontando questo ed altri temi legati all'emergenza e post-emergenza da COVID-19”.
In parallelo è necessario potenziare la capacità di presa in carico integrata da parte dei servizi sociosanitari e legali in questo momento così delicato (anche mediante forme di tutela di prossimità, così come indicati nelle raccomandazioni ONU).
Nel post emergenza l’UNICEF Italia chiede che a scadenza dell’attuale Piano Nazionale contro la violenza (2017-2020) il Paese non rimanga sprovvisto di questo importante strumento di pianificazione e che maggiore spazio sia dato alle politiche di settore dedicate all'infanzia e all'adolescenza, anche attraverso una raccolta dati consolidata e interventi di formazione degli operatori che seguano approcci olistici e omogenei sul territorio nazionale, anche tenendo in considerazione gli standard internazionali.
Colgo anche l’occasione per ringraziare – per l’incessante lavoro svolto - i diversi gruppi tematici (composti da rappresentanti di istituzioni e associazioni), che, all'interno dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, con una metodologia condivisa e partecipata, stanno affrontando questo ed altri temi legati all'emergenza e post-emergenza da COVID-19”.