COVID-19, così la pandemia ha colpito l'istruzione (penalizzando i poveri)
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Secondo un nuovo rapporto pubblicato oggi da UNESCO, UNICEF e Banca Mondiale, gli scolari dei Paesi a reddito basso e medio-basso hanno già perso quasi 4 mesi di scuola dall'inizio della pandemia, rispetto alle 6 settimane perse nei Paesi ad alto reddito.
Il rapporto raccoglie i risultati dei sondaggi sugli interventi educativi di risposta al COVID-19 effettuati in quasi 150 Stati tra giugno e ottobre.
«Secondo il rapporto, gli studenti dei paesi a reddito basso e medio-basso sono stati quelli con minori probabilità di accedere all'apprendimento a distanza, e avere un monitoraggio sulla perdita educativa, quelli con maggiori probabilità di subire ritardi nella riapertura delle scuole e di frequentare scuole con risorse inadeguate a garantire la sicurezza delle attività» afferma il Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo.
I dati del rapporto
- Mentre oltre 2/3 degli Stati hanno riaperto completamente o parzialmente le loro scuole, un altro 25% non ha fissato o rispettato la data di riapertura prevista. Nella maggior parte dei casi si tratta di Paesi a reddito basso o medio-basso
- Solo 1/5 dei Paesi a basso reddito ha computato i giorni di didattica a distanza come giorni ufficiali di scuola, riconoscendo quindi lo scarso impatto delle misure di apprendimento a distanza, rispetto ai 3/4 degli Stati a livello globale
- Nei 79 Stati che hanno risposto alle domande relative alla sfera finanziari, quasi il 40% di quelli a reddito basso e medio-basso hanno già avuto o prevedono tagli alla spesa per l'istruzione nei bilanci nazionali, per il 2020 o per il 2021
- Mentre la maggior parte dei Paesi ha riferito che l'apprendimento degli studenti è monitorato dagli insegnanti, un quarto dei Paesi a reddito basso e medio-basso non sta monitorando l'apprendimento dei bambini
- Metà dei paesi a basso reddito ha riferito di non disporre di fondi adeguati per applicare le misure di sicurezza, come il lavaggio delle mani, il distanziamento sociale o i dispositivi di protezione individuale per studenti e insegnanti.
Solamente il 5% dei paesi ad alto reddito manifesta analoghe difficoltà nel garantire questi stessi standard nelle proprie scuole - Un terzo dei paesi poveri non ha previsto misure per sostenere l'accesso o l'inclusione degli alunni a rischio di dispersione scolastica
- Nei paesi ricchi oltre il 90% dei governi ha richiesto agli insegnanti di proseguire la didattica anche durante la chiusura delle scuole, percentuale che scende a meno del 40% nei Paesi a basso reddito
- Quasi tutti i paesi hanno incluso l'apprendimento a distanza nella loro risposta alla crisi COVID, sotto forma di piattaforme online, programmi televisivi o radiofonici e kit per studiare a casa.
- Il 90% degli Stati hanno facilitato l'accesso all'apprendimento online (il più delle volte attraverso smartphone) offrendo l'accesso a Internet a costi agevolati o gratuitamente, ma con una copertura di questo accesso estremamente variabile.
- Nel 60% degli Stati sono state fornite ai genitori informazioni per aiutare i figli nella didattica a distanza, mentre nel 40% dei paesi sono state messe a disposizione consulenze psico-sociali per studenti e genitori durante la chiusura delle scuole.
Tali attività sono state ovviamente più diffuse nei paesi ricchi e nelle zone in cui queste risorse erano già disponibili
«Non abbiamo bisogno di guardare lontano per constatare la devastazione che la pandemia sta provocando sull'istruzione dei bambini in tutto il mondo» afferma Robert Jenkins, a capo dei programmi di istruzione dell'UNICEF.
«Nei paesi a reddito basso e medio-basso, questa devastazione è amplificata dal fatto che l'accesso limitato alla didattica a distanza, i maggiori rischi di tagli ai bilanci nazionali per l'istruzione e il ritardo nei piani di riapertura hanno vanificato ogni possibilità di normalità per i bambini in età scolare.
Ora è fondamentale dare la massima priorità alla riapertura delle scuole e fornire le indispensabili opportunità di recupero per la didattica non svolta.»
«La pandemia aumenterà il deficit di fondi per l'istruzione nei paesi a basso e medio reddito. Compiendo ora le giuste scelte di investimento, anziché procrastinarle, questo divario potrebbe essere significativamente ridotto» ribadisce Stefania Giannini, Vicedirettore dell'UNESCO per l'Istruzione.
«Al Global Education Meeting organizzato il 22 ottobre dall'UNESCO insieme ai Governi di Ghana, Norvegia e Regno Unito, 15 Capi di Stato e di governo e circa 70 tra Ministri dell'istruzione e partner per lo sviluppo si sono impegnati a proteggere i finanziamenti per l'istruzione e ad agire per riaprire le scuole in sicurezza, sostenere tutti gli insegnanti come lavoratori in prima linea e ridurre il divario digitale. È un impegno di cui siamo tutti responsabili.»
«Nonostante gli sforzi diffusi, ci sono grandi differenze nella capacità dei paesi di fornire ai bambini e ai giovani un apprendimento efficace. E probabilmente ci sono differenze ancora più ampie all'interno dei paesi per quanto riguarda la stimolazione scolastica che i bambini e i giovani hanno sperimentato. Eravamo preoccupati per la povertà educativa già da prima della pandemia e anche per la disuguaglianza nelle opportunità di apprendimento. Ora la linea di base dell'apprendimento è più bassa, ma l'aumento della disuguaglianza nelle opportunità potrebbe essere catastrofico. Il compito di rimettere in moto il processo di apprendimento è estremamente urgente», ha dichiarato Jaime Saavedra, Direttore globale per l'istruzione della Banca Mondiale.
Rapporto UNICEF-UNESCO-Banca Mondiale "What Have We Learnt?"pdf / 2.82 Mb
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