Trovare il coraggio di rifiutare un matrimonio precoce. La storia di Azida

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08/01/2025

Quando era appena un'adolescente, Azida si è trovata al bivio tra i suoi sogni e le tradizioni della sua comunità.

Proveniente da una famiglia che un tempo prosperava in Myanmar, ha dovuto affrontare i problemi del campo di rifugiati, in particolare la scarsità di terra da coltivare, ma anche l'idea diffusa che il futuro di una ragazza dovesse essere garantito dal matrimonio. Siamo in Bangladesh, in uno dei campi sovraffollati che ospitano decine di migliaia di sfollati dal Myanmar. 

“Avevo 13 anni quando è arrivata la proposta di matrimonio” ricorda Azida, ora quindicenne. “Era durante il COVID. Mia sorella maggiore si era sposata e io avrei dovuto essere la prossima. Le persone della nostra comunità continuavano a dire ai miei genitori che avrei dovuto sposarmi, nonostante fossi ancora minorenne”.

La pressione sociale, le norme diffuse sui matrimoni precoci aggravate dalla pandemia di COVID-19 incombevano su Azida. Le scuole e i centri di apprendimento erano stati chiusi per limitare la trasmissione del virus e le ragazze come lei, rinchiuse in un angusto rifugio di bambù, erano a rischio matrimonio infantile. 

Pressione sociale e tradizioni diffuse incombevano su Azida

I membri della comunità hanno iniziato a esortare i suoi genitori a procedere con la proposta. 

"Stavo frequentando il centro polifunzionale e i gruppi per adolescenti, dove ho imparato tutto sui matrimoni precoci, il lavoro minorile e tutto il resto" racconta Azida. "Sapevo che, essendo minorenne, non avrei dovuto sposarmi e che farlo avrebbe avuto effetti negativi su di me e sul mio corpo. Le gravidanze precoci possono portare tanti rischi per la salute della madre e del bambino, perfino alla morte”.

I centri polifunzionali, supportati dall’UNICEF con i fondi dell’Unione Europea, sono stati sviluppati in modo da poter affrontare molteplici problemi: matrimoni precoci, lavoro minorile, disagio psicologico, abbandono ed esclusione dei bambini con disabilità. Fornendo supporto alle associazioni degli adolescenti, formazione professionale e spazi sicuri per la libera espressione, i centri mirano a infondere motivazione e capacità di resilienza tra i giovani. 

Ho detto ai miei genitori che non volevo sposarmi. Sapevo che, essendo minorenne, non avrei dovuto.

Azida racconta la sua reazione dopo la proposta

I genitori non volevano ascoltare. Azida ricorre al centro polifunzionale

Avendo frequentato il centro per almeno quattro anni, Azida ha imparato lezioni importanti sui matrimoni infantili, le gravidanze precoci, gli abusi sui minori ma anche sull'empowerment e molto altro. Le sessioni di “life-skills” condotte da facilitatori, le hanno spiegato i potenziali danni del matrimonio precoce e l'avevano incoraggiata a parlare.

Un giorno, i genitori di un ragazzo sono venuti a trovarci a casa” ricorda Azida. “Ho detto ai miei genitori che sarebbe stato sbagliato farmi sposare così giovane. Ho ricordato loro che l’età legale per sposarsi è 18 anni ma non sembravano volermi ascoltare. Così sono andata al centro e ho parlato con la mia istruttrice di cucito della situazione”.

Nonostante le suppliche di Azida siano cadute nel vuoto a casa, la sua incrollabile determinazione l'ha portata a parlare. Dopo aver sentito parlare della situazione, la sua insegnante di cucito l'ha indirizzata a un'assistente sociale.

L'intervento dell'assistente sociale

I genitori di Azida sembravano non avevano capito le conseguenze dannose del matrimonio precoce. 

“L’assistente sociale ha parlato con loro per spiegare la situazione. Ha raccontato come una bambina può diventare oggetto di abusi e abbandono. Hanno imparato a riconoscere i rischi di quando si resta incinte in tenera età" racconta Azida.

Con l'intervento dell'assistente sociale, i genitori di Azida si sono resi conto che stavano mettendo a rischio la vita della figlia e hanno deciso di rifiutare l'offerta di matrimonio.

“Sono stata davvero contenta quando ho saputo che avevano deciso di far cadere la proposta di matrimonio” racconta Azida, descrivendo il suo sollievo in quel momento. “Mi ha dato coraggio”

Azida sorride vicino alla sua macchina da cucito. Sta partecipando alla formazione professionale offerta dal centro polifunzionale UNICEF nel campo profughi di Cox's Bazar, in Bangladesh

La vittoria di Azida è diventata una fonte di ispirazione per gli altri

Decisa a sfruttare al meglio la sua indipendenza, ora Azida frequenta con entusiasmo i corsi di ricamo del centro polifunzionale che vengono offerti per aiutare gli adolescenti a sviluppare le competenze pratiche, di cui avranno bisogno per il futuro. Con una macchina da cucire che suo padre ha comprato per lei, crea abiti per sé stessa e per gli altri, mettendo in mostra le sue nuove abilità.

"Realizzo vestiti, abiti e altri oggetti", dice Azida con un sorriso.

"Sto ancora imparando a cucire. Creerò altri oggetti appena sarò più capace". "So che posso cambiare la mia vita come voglio", continua. "Ora, se qualcuno viene da me e mi dice che i suoi genitori vogliono farlo sposare contro la sua volontà, posso condividere la mia storia er fargli capire può scegliere diversamente".

Per approfondire

In Bangladesh, uno dei paesi più densamente popolati al mondo e tra le aree più colpite da inondazioni e cicloni devastanti, il numero di rifugiati Rohingya ha raggiunto la cifra limite di 100 mila. 

Dopo la fuga di massa dalle violenze in Myanmar nell’agosto del 2017, migliaia di persone si sono rifugiate nei campi sovraffollati di Cox’s Bazar e Bhasan Char dipendendo quasi interamente dagli aiuti umanitari. Metà di loro sono bambini che necessitano di assistenza nutrizionale e sanitaria ma anche di protezione da sfruttamento, abusi e violenze. 

08/01/2025

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