Minori nei conflitti armati, Fore (UNICEF): i bambini non sono merce di scambio
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"Ci sono pochi bambini al mondo più vulnerabili di quelli che vivono in situazioni di conflitto armato.
Che siano intrappolati nei combattimenti, che si spostino come migranti, rifugiati o sfollati interni, che prendano parte alle ostilità o siano detenuti per legami veri o presunti con gruppi armati, questi bambini sono, prima di tutto, vittime di circostanze che sfuggono al loro controllo.
Essi sono, innanzitutto e soprattutto, bambini.
15 anni fa, con la Risoluzione n. 1612 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, la comunità globale si era impegnata su queste problematiche con l’istituzione dell’agenda Children and Armed Conflict (CAAC) e con i meccanismi di monitoraggio e rapporto (MRM), che hanno rappresentato una pietra miliare nel nostro impegno a proteggere tutti i bambini.
L'UNICEF ha partecipato fin dall'inizio a questo processo, co-presiedendo in 14 Stati delle task-force nazionali sul monitoraggio e sulla reportistica delle violazioni.
Insieme al Rapporto annuale del Segretario Generale dell'ONU su minori e conflitti armati, proteggiamo questi bambini e chiediamo alle parti in conflitto di rendere conto del proprio operato.
Da allora, decine di migliaia di bambini sono stati liberati dalle fila di forze armate e milizie. Solamente negli ultimi tre anni abbiamo contribuito a farne liberare quasi 37.000, assistendoli prima e dopo il rilascio e nella delicata fase del ritorno alla vita civile.
Il nostro lavoro ha anche creato un nuovo spazio di dialogo con le parti in conflitto, per prevenire e porre fine a queste gravi violazioni.
Nel corso degli anni, abbiamo sottoscritto con i soggetti protagonisti dei diversi conflitti ben 32 piani d'azione volti a porre termine o a prevenire il reclutamento di minorenni.
I nostri sforzi hanno sensibilizzato l'opinione pubblica sulla condizione di questi bambini e sulla necessità di aiutarli.
Insieme, abbiamo inviato un messaggio chiaro a coloro che violano i diritti dei bambini: queste azioni sono illegali, immorali e inaccettabili.
Inoltre, la comunità internazionale si è impegnata a fare in modo che venga dato conto delle responsabilità. La cultura dell'impunità deve finire.
Inoltre, la comunità internazionale si è impegnata a fare in modo che venga dato conto delle responsabilità. La cultura dell'impunità deve finire.
Gli Stati hanno ora una serie di strumenti e di quadri innovativi per guidare il proprio lavoro in questo settore.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è ora affiancata da una serie di strumenti importanti:
- il Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, ratificato da 170 Stati
- i Principi di Parigi sui minorenni associati a eserciti o gruppi armati
- i Principi di Vancouver
- la Dichiarazione sulle scuole sicure, sottoscritta finora da 104 Stati.
Guidati da questi strumenti, molti Stati hanno compiuto passi avanti e introdotto questi impegni nelle loro leggi e nei loro regolamenti: la settimana scorsa, la Repubblica Centrafricana ha adottato il nuovo Codice per la protezione dell'infanzia, che criminalizza anche il reclutamento e l'utilizzo dei bambini,
Nel 2018 le Filippine hanno adottato una legge sui bambini in situazioni di conflitto armato, che fornisce una protezione speciale per i bambini vittime di conflitti armati, sancisce come crimini e stabilisce sanzioni per sei tipi di gravi violazioni.
In almeno cinque Stati - tra cui Danimarca, Regno Unito e Nuova Zelanda - i manuali e le direttive militari rispecchiano ora la "Dichiarazione sulle scuole sicure".
Ma questi strumenti sono efficaci solo nella misura in cui vi sia la volontà globale di utilizzarli. E quindi invitiamo tutti gli Stati a sostenerli e a rifletterli nei loro quadri giuridici. Perché c’è ancora tanto lavoro da fare.
Continuiamo ad assistere a un numero spaventosamente alto di violazioni accertate contro i bambini. Negli ultimi 15 anni, il meccanismo di monitoraggio MRM ha documentato 250.000 gravi violazioni contro i bambini nei conflitti armati, tra cui:
- il reclutamento e l'impiego di oltre 77.000 minori
- l'uccisione o il ferimento di oltre 100.000 bambini
- stupri e altre forme di violenza sessuale nei confronti di più di 15.000 minorenni
- il rapimento di oltre 25.000 bambini e ragazzi
- quasi 17.000 attacchi armati contro scuole e ospedali
- quasi 11.000 casi di negazione dell'accesso umanitario.
E questi sono solo i casi verificati. I numeri reali sono certamente molto più alti.
Il COVID-19 aggiunge una nuova urgenza a questo lavoro. Mentre si diffonde la pandemia, le strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte dal conflitto, l'erogazione dei servizi è stata sospesa e i bambini non ricevono le cure mediche di base, comprese le vaccinazioni.
I sistemi idrici e igienico-sanitari sono stati danneggiati o distrutti dalle ostilità, rendendo materialmente impossibile ai bambini il lavaggio delle mani così importante per il contenimento dei contagi
Circa un miliardo e mezzo di bambini non hanno potuto frequentare la scuola a causa delle misure di contenimento. I bambini nei paesi in guerra ne sono doppiamente svantaggiati, poiché non ricevono un'istruzione e sono esposti a un rischio maggiore di violenza, abusi, matrimoni precoci e reclutamento in gruppi armati.
Le condizioni di affollamento nei campi profughi, negli insediamenti informali o nelle aree urbane densamente popolate o nei centri di detenzione rendono impossibile il distanziamento sociale.
E troppo spesso le parti in conflitto sfruttano la pandemia e la necessità di raggiungere e sostenere i bambini - in particolare quelli che lasciano le loro case - per ottenere un vantaggio politico. I bambini non sono pedine o merce di scambio. Tutto questo deve cessare."
(Dichiarazione di Henrietta Fore, Direttore esecutivo dell'UNICEF, alla Sessione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU dedicata ai minori nei conflitti armati)