Nutrizione
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La malnutrizione ha molte facce.
Quella di un bambino che non cresce abbastanza in altezza per colpa della povertà, della scarsità di igiene e di cure mediche, perché non è allattato al seno o non ha accesso ad alimenti sufficientemente nutrienti.
Quella di una giovane donna che diventa anemica durante la gravidanza e dà alla luce un bambino sottopeso, che più tardi sconterà ritardi nello sviluppo.
Quella di un bambino reso cieco dalla carenza di vitamina A.
Quella di un bambino che diventa obeso perché consuma alimenti di scarsa qualità nutrizionale.
E quella che tutti tendiamo a identificare con l'immagine stessa della malnutrizione - un bambino disperatamente magro ed emaciato, a rischio imminente di morte per fame.
Quasi metà della mortalità infantile nel mondo è connessa, direttamente o indirettamente, alla malnutrizione. Parliamo quindi di quasi 3 milioni di bambini tra 0 e 5 anni che ogni anno perdono la vita per queste ragioni.
Solo una piccola parte di questi decessi si verifica per la fame innescata da carestie o guerre. Nell'assoluta maggioranza dei casi, la mano letale della malnutrizione agisce in modo sottile: rallentando la crescita, privando l'organismo di vitamine e minerali indispensabili e rendendolo più vulnerabile alle malattie.
La malnutrizione infantile è la violazione di un fondamentale diritto umano del bambino (e uno dei principi fondamentali della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, espresso nell'art. 6): quello alla sopravvivenza e allo sviluppo.
La malnutrizione non è limitata alla mancanza di cibo, ma è una combinazione di fattori: scarsità di proteine, micronutrienti e calorie; alta frequenza di infezioni e altre malattie; ignoranza dei genitori in ambito nutrizionale; inadeguatezza dei servizi sanitari; scarso accesso all'acqua potabile e all'igiene.
Da sola, l'assenza o la pratica non corretta dell'allattamento al seno è responsabile di circa il 12% di tutti i decessi fra i bambini sotto i 5 anni, a livello globale.
Nutrirsi, un diritto umano
Nutrirsi adeguatamente è una necessità per ogni essere umano, avere la possibilità di farlo è un diritto che però a molti - a poco meno di un miliardo di persone, secondo le stime della FAO - viene negato.
Il primo degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio prevede entro il 2015 il dimezzamento della percentuale di abitanti del pianeta che soffrono la fame e la povertà, rispetto ai livelli del 1990.
Uno degli indicatori prescelti per misurare il progresso verso questo traguardo è la quota di bambini sottopeso tra 0 e 5 anni.
Milioni di donne in gravidanza - soprattutto in Asia e in Africa soffrono di anemia, carenza di vitamine o altre forme di scarsa alimentazione, e questo contribuisce alla nascita ogni anno di oltre 20 milioni di neonati sottopeso, a rischio più degli altri di soffrire a loro volta di malattie e malnutrizione.
Il fenomeno ha precise connessioni con il livello del reddito e con l'accesso ai servizi sanitari di base: mediamente chi nasce in ambiente rurale, in un Paese in via di sviluppo, ha probabilità doppie di nascere sottopeso.
Nel corso degli ultimi due decenni la proporzione di bambini sottopeso alla nascita è calata (dal 31% del 1990 al 26% del 2008), grazie soprattutto ai progressi compiuti in Cina e in Estremo Oriente.
I miglioramenti tuttavia non sono tali da lasciar presagire che sarà raggiunto l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio relativo alla malnutrizione: la situazione progredisce troppo lentamente in Africa e soprattutto in Asia meridionale, dove risiede circa metà dei bambini malnutriti del pianeta.
L'azione dell'UNICEF
La buona nutrizione inizia alla nascita: per questo l'allattamento al seno è da sempre uno dei cavalli di battaglia dell'UNICEF e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), promotori tra l'altro di un notissimo Codice sulla commercializzazione dei surrogati del latte materno.
Si stima che un corretto allattamento al seno (esclusivo nei primi 6 mesi di vita del bambino, integrato con alimenti nei 18 mesi successivi) potrebbe ridurre di circa il 20% la mortalità infantile nei Paesi in via di sviluppo.
Purtroppo l'allattamento al seno è abbandonato o protratto troppo brevemente proprio laddove sarebbe più necessario: nell'Africa subsahariana, appena il 22% dei neonati è nutrito esclusivamente con latte materno fino al compimento del primo semestre di vita.
Anche nei paesi ad elevata incidenza di HIV/AIDS, l'allattamento al seno è spesso l'opzione che comporta il minor rischio di contagio del virus dalla mamma al bambino.
L'UNICEF promuove programmi di monitoraggio sulla salute e sullo stato nutrizionale delle donne incinte, la diffusione di micronutrienti (acido folico, zinco, iodio, vitamina A ecc.) tanto alle madri quanto ai bambini sotto i 5 anni e il controllo degli indicatori nutrizionali dei neonati e dei bambini per prevenire o curare tempestivamente l'insorgenza dei vari stadi della malnutrizione.
Nelle emergenze
Nelle crisi umanitarie (che in alcune aree del pianeta sono realtà ormai cronicizzate), la difficoltà di accedere al cibo in quantità e varietà adeguate è un potente moltiplicatore della malnutrizione infantile.
In queste situazioni, l'UNICEF intensifica le misure abituali di lotta alla fame e mette in campo interventi straordinari come i Centri terapeutici nutrizionali, dove vengono applicati i protocolli salva-vita elaborati dall'OMS, e gli alimenti terapeutici pronti all'uso.
Questa categoria di alimenti si presta per essere somministrata sia sotto controllo medico (come le tipologie di latte terapeutico F-100 e F-75) sia in famiglia (come il Plumpynut o i biscotti proteici BP-5): dal 1995 a oggi l'UNICEF ha espanso la distribuzione di alimenti terapeutici pronti all'uso, dei quali è primo acquirente mondiale, spostando la cura della malnutrizione dalle strutture ospedaliere - dove spesso i bambini non giungono in tempo - alle comunità locali, con risultati molto incoraggianti.
Malnutrizione e infanzia (rapporto tematico 14 novembre 2016)pdf / 529 kb
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