Pizzoccheri al curry, ago e filo: in poche mosse Nasim, Chiara e Beniamino diventano una famiglia
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"Sento che non abbiamo fatto niente di speciale, siamo un papà e una mamma, abbiamo una famiglia semplice, ci piace aiutare, ci siamo detti: ci costa poco aggiungere una sedia in più a tavola”.
Inizia così Beniamino a raccontare il percorso di affido intrapreso insieme a Chiara. “Abbiamo imparato che per un affido, per accogliere, una persona, è importante fare spazio: sia fisico – buttare via un po’ di oggetti – ma anche mentale per cui bisogna svuotare per fare riempire lo spazio da chi arriva”.
E loro lo hanno fatto letteralmente. "Prima che Nasim venisse ad abitare con noi" racconta Chiara "abbiamo tolto la scrivania, con Nasim abbiamo poi imbiancato la parete, montato il letto, abbiamo iniziato a ricostruire e abbiamo voluto un avvicinamento graduale. Ci siamo presi il tempo fisico e mentale, noi ne avevamo bisogno, e anche lui, per conoscerci e avere il suo spazio”.
Nasim ha oggi 18 anni, è in affido da quando ne aveva 16. Nel suo Paese non riusciva da solo a fare fronte ai bisogni della mamma e delle sorelle, così è arrivato in Italia da solo dal Bangladesh, dopo un periodo in Libia di cui non conserva un buon ricordo.
Non sono mancate le sfide, prima di tutto lo scoglio culturale
“La lingua è molto diversa, e poi anche la cultura, ma anche quello è stato il bello – dice Chiara - Mi è venuta più voglia di capire le persone, la migrazione, ed è una cosa che anche oggi – nel passaggio dal lavoro di traduttrice a infermiera – porto con me. Nasim ci ha insegnato la semplicità nella relazione con l’altro”.
“Io sono traduttore. Lavoro con le parole, eppure abbiamo dovuto imparare a comunicare in un altro modo – aggiunge Beniamino - A volte si comunicano cose più profonde ma bisogna avere fantasia.
All’inizio abbiamo tappezzato la stanza con bigliettini ma poi abbiamo iniziato a comunicare con sguardi, risate, ripetendo cose che ci facevano ridere, con il cibo anche.
Beniamino, padre affidatario di Nasim
Proprio mentre lo raccontano, arrivano in tavola dei pizzoccheri fumanti, anche nella variante al curry. E la tavola è proprio uno dei momenti in cui per la prima volta si sono sentiti “famiglia”.
“Per me le cose importanti richiedono tempo. Vedevo che giorno per giorno, condividendo e facendo insieme, anche in cucina, le distanze diminuivano” racconta Beniamino.
La scoperta di una nuova passione, la sartoria
È stato proprio entrando in contatto più da vicino che Chiara e Beniamino si accorgono della passione di Nasim per la sartoria. “Quando vedeva una macchina da cucire gli brillavano gli occhi, così un giorno ha visto quella dei vicini, aveva chiesto se poteva provare. Gli ho dato una tenda e due ore dopo è tornato con un pantaloncino perfettamente cucito” racconta Chiara.
“L’affido – continua Chiara – ci ha insegnato che non è un percorso dell’individuo ma della comunità. Abbiamo chiesto supporto anche noi tante volte per dargli supporto e così, tramite la rete di amici, abbiamo trovato un gancio in un negozio di alta moda”.
Da lì Nasim inizia un tirocinio che lo ha portato oggi ad avere un contratto a tempo indeterminato. “È una sinergia che si crea pian piano – dice Chiara – come sempre basta il primo passo, non avere paura di chiedere, bisogna osare”.
Un percorso possibile grazie al programma Terreferme
Tutto questo è stato possibile anche grazie alla rete di supporto di Terreferme, il programma di supporto all’affido familiare portato avanti dall’UNICEF in collaborazione con il Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti - CNCA. “È stato importante sapere che non eravamo soli, che se avevamo bisogno c’era qualcuno con noi” aggiunge Chiara.
Rita Ceraolo, membro CNCA, conferma: “Il supporto parte dalla conoscenza della famiglia, dalla formazione, poi dall’abbinamento del ragazzo con la famiglia. Noi cerchiamo di essere presenti e in qualche senso entriamo a far parte di questa famiglia, dando supporto continuo, essendo disponibili a tutte le loro richieste, gioendo con loro delle cose che vanno bene e accompagnandoli anche quando le cose sono difficili”.
“L’affido- aggiunge Ivan Mei, specialista protezione Infanzia UNICEF – è una fonte di ricchezza non solo per i ragazzi e le ragazze che entrano in contesti famigliari, ma anche per le famiglie affidatarie stesse, e per la società e per la comunità intera.
L’incontro e la condivisione sono inoltre i migliori antidoti per sconfiggere discriminazione e discorsi d’odio. L’affido è infine anche un investimento, non solo relazionale ma anche economico. Ci teniamo a ribadire che è una soluzione che costa anche meno rispetto all’accoglienza residenziale e quindi è una strada percorribile non solo per le famiglie affidatarie ma anche per il sistema di accoglienza stesso”.
Scopri come attivarti su https://www.unicef.it/media/alternativecare/
Una cosa che mi ha insegnato Nasim è la grande semplicità, è sempre contento. Quando andavamo via dalla comunità gli abbiamo dato del tempo, pensando ne avesse bisogno per prepararsi. Subito ha messo insieme una borsa ed era pronto. E se penso quanto siamo complicati noi, è un bell’insegnamento: la felicità non dipende dalle cose che hai nella valigia.
Beniamino, padre affidatario di Nasim