Proteggere i bambini dalla povertà
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Editoriale di Andrea Iacomini, portavoce UNICEF Italia - Pubblicato da L'Unità, 21 marzo 2013
22 febbraio 2013 - La povertà dei nostri bambini è un tema che ci riguarda molto da vicino. Pochi giorni fa un rapporto della Caritas Internazionale affermava che un terzo dei bambini in Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia e Spagna sono stati spinti sull'orlo della povertà a causa delle misure di austerità assunte per ridurre il debito pubblico.
In Italia ci sono 1 milione e 800 mila bambini che vivono in condizioni di povertà relativa.
Da mesi l’UNICEF denuncia la grave situazione in cui versano la Spagna, con oltre 2 milioni e 200 mila bambini che vivono sotto la soglia di povertà e la Grecia dove i minorenni sotto questa soglia sono oltre 439 mila e che possiede la più alta percentuale di bambini sottopeso dei paesi OSCE.
Sono dati allarmanti e che devono far riflettere. La crisi economica non è più solo uno spettro che incombe sulle nuove generazioni, ma sta realmente avendo un impatto pesantissimo sulle famiglie e di conseguenza sui bambini e gli adolescenti, in particolare quelli più svantaggiati.
Secondo l'ultimo rapporto annuale dell’Istat uscito pochi giorni fa “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, nel 2011 le famiglie in condizioni di povertà relativa risultano l'11,1 per cento – vale a dire 8,2 milioni di individui, il 13,6 per cento della popolazione residente.
Ma cosa significa povertà nei paesi industrializzati? Da oltre dieci anni l'UNICEF porta avanti nei suoi Rapporti l'idea che povertà, esclusione e vulnerabilità non sono temi confinati ai Paesi in via di sviluppo ma sono presenti in modo crescente, anche se in altre forme e con implicazioni diverse, nei paesi economicamente avanzati.
Le analisi comparate sulla povertà infantile nei Paesi industrializzati dimostrano che non è inevitabile, ma è legata anche alle scelte politiche e alle misure che i governi attuano per contrastarla. Alcuni Paesi stanno facendo meglio di altri per proteggere i bambini più vulnerabili, dimostrando che non solo è eticamente giusto, ma anche possibile ed economicamente vantaggioso.
L'Italia invece deve ancora fare molto; basti pensare che secondo i dati UNICEF (Innocenti Report Card n. 10), il tasso di povertà infantile senza l’intervento del Governo risulterebbe pari al 16,2%, quasi invariato rispetto all’effettivo tasso di povertà infantile relativa al netto delle imposte e dei trasferimenti (15,9%).
Certamente la misurazione della povertà nei paesi ricchi affianca a indicatori diretti come il reddito familiare altri indici di deprivazione materiale dei bambini, come non avere la possibilità di fare almeno un pasto al giorno contenente carne e pesce, la mancanza di indumenti nuovi, di avere libri da leggere o la possibilità o meno di fare sport e altre attività ricreative.
La povertà dei “bambini ricchi” in tempi di crisi si misura anche così e il quadro che ne viene fuori non è dei più esaltanti non solo per il presente ma anche per il futuro, perché se oggi il costo diretto ricade sui minorenni, nel lungo periodo è la società nel suo insieme a pagarne le conseguenze in termini di basso livello di capitale umano accumulato, di disoccupazione, bassa produttività e così via.
Ecco perché l'UNICEF sostiene che non riuscire a proteggere i bambini e gli adolescenti dalla povertà è uno degli errori più costosi che una società possa commettere. Una strategia di sviluppo vincente per l’intero Paese a mio modesto parere deve basarsi sulla protezione dei minorenni dalla povertà.
Per questo una delle proposte prioritarie dell'UNICEF al prossimo governo è di affrontare le diseguaglianze materiali, combinando politiche per il sostegno al reddito delle famiglie con figli (incluse quelle straniere), promuovendo la partecipazione del donne al mercato del lavoro e ampliando la disponibilità di servizi di qualità per la prima infanzia.
È una scelta di cui il leader e la coalizione che andremo ad eleggere tra poche ore, mi auguro, dovranno inevitabilmente tenere in considerazione e intervenire immediatamente con misure incisive per costruire un modello di società più equo, che punti ad estirpare dalla nascita una nuova generazione inerme di “poveri tra i poveri”. E che sia dalla parte dei bambini. I nostri bambini.
(Andrea Iacomini)
©L'Unità 2013
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