Sudan: la violenza sessuale colpisce anche i bambini. Le storie di Musa e Reem, due bambini sopravvissuti
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Per quasi due anni, il Sudan si è trovato nella morsa di un brutale conflitto che ha provocato migliaia di morti e feriti, undici milioni di sfollati interni e che ha generato una catastrofe umanitaria. Al di là delle notizie sulla carestia, le malattie e gli sfollamenti di massa, c’è una crescente crisi di cui si parla poco: la violenza sessuale sui bambini.
Dall’inizio del 2024, i servizi sulla violenza di genere in Sudan hanno registrato 221 casi di stupro su minorenni, tra cui 16 bambini con meno di 5 anni e 4 neonati di un anno. La situazione reale potrebbe essere molto peggiore: i sopravvissuti spesso non possono accedere ai servizi di supporto o hanno troppa paura dei pregiudizi e delle ripercussioni.
221casi
bambini/e vittime di stupro dall'inizio del 2024
770000
bambini a rischio Malnutrizione Acuta Grave
15,6milioni
di bambini hanno immediato bisogno di assistenza
Dopo aver subito una violenza così orribile, la sofferenza non finisce per molti sopravvissuti. In particolare, le donne e le ragazze si trovano di fronte a una serie di scelte impossibili. Molte di loro rischiano di essere rifiutate dalle loro famiglie e dalle comunità di appartenenza se rivelano l’accaduto, oppure di essere costrette giovanissime al matrimonio per proteggere la loro reputazione. Altre, scoprono di essere rimaste incinte o di aver contratto malattie sessualmente trasmissibili.
In un paese dove i servizi sono scarsi, l’accesso al supporto medico e psicologico spesso è impossibile. Lo stigma e la paura sono soffocanti e lasciano i sopravvissuti chiusi nel silenzio con poco o nessun supporto.
La storia di Reem*, 14 anni
Quando la sua città è stata travolta dal conflitto, Reem*, che all’epoca aveva 13 anni, è stata stuprata da un gruppo di uomini armati.
Sua madre adottiva, nel tentativo di proteggerla, ha deciso di combinare un matrimonio con un uomo molto più grande di lei. Da allora Reem racconta di aver subito ripetuti abusi e stupri da parte dell’uomo e, a causa della mancata accettazione della sua gravidanza da parte della famiglia del marito, la sua bambina è stata data via.
Reem sta ricevendo sostegno psicologico e psicosociale da una ONG locale. L’assistente sociale ha raccontato che inizialmente ha smesso di parlare, ha avuto ripetuti attacchi di panico e convulsioni legate al trauma, ma è migliorata da quando ha iniziato la terapia.
Reem ora sta cercando di ricongiungersi con sua figlia e riprendere la sua istruzione.
Quanto mi è successo è orribile. Mi hanno fatto cose tremende, mi hanno picchiato. Mi hanno tolto i vestiti con la forza. Tutto. Per due giorni. E mio marito sta facendo le stesse cose con me. Cose orribili.
Reem* nome di fantasia per tutelare la sua identità
Il fenomeno non colpisce solo bambine e ragazze; anche i ragazzi subiscono violenze. All’ombra del conflitto, queste atrocità accadono nelle case familiari, o mentre fuggono dalla violenza e persino una volta arrivati nelle aree per sfollati.
In mezzo a tutta questa violenza, la speranza e la resilienza persistono. Le organizzazioni guidate da donne, in Sudan, sono in prima linea nel fornire servizi salvavita alle vittime, nonostante le minacce alla loro sicurezza e le risorse limitate.
L'UNICEF continua a lavorare al loro fianco e insieme a partner locali per garantire ai sopravvissuti l'accesso a supporto medico, psicologico e protezione. Tuttavia, la portata drammatica dei bisogni supera le risorse disponibili.
La storia di Musa*, 11 anni
Musa*, 11 anni, tiene stretta la mano di sua madre dopo la visita dallo psicologo e dall'assistente sociale che lo stanno aiutando ad affrontare il suo trauma. Anche lui, come molti altri bambini sudanesi, ha subito violenze sessuali durante lo sfollamento. Ama il calcio e gioca nella squadra della scuola come portiere. Il suo sogno è quello di diventare un ingegnere.
“Mia madre un giorno mi ha chiesto di andare al mulino a macinare un sacco di grano" - racconta Musa- "Mentre stavo camminando, ho incontrato un ragazzo del vicinato e gli ho chiesto di aiutarmi a trasportare il sacco che era molto pesante. Il ragazzo, di circa 20 anni, ha accettato di aiutarmi ma mi ha chiesto di passare prima per casa sua. Siamo arrivati lì e non c’era nessuno”.
“Mi ha detto di togliere i vestiti. Mi sono rifiutato, ma ha continuato ad insistere. Ha detto che, se non avessi obbedito, avrebbe chiesto ad Allah di uccidere i miei genitori. Così mi sono svestito, e lui lo ha fatto”.
“Lo ha fatto ripetutamente, in più di un’occasione”.
“La terza volta che mi ha chiesto di spogliarmi, eravamo stati lasciati soli in una stanza accanto al barbiere. Eravamo andati lì per tagliarci i capelli”.
Il coraggio di raccontare la verità
"Quando sono tornato a casa, quel giorno, mia madre ha notato che c’era qualcosa di strano nei miei vestiti e che non mi comportavo in maniera normale. Si è seduta vicino a me e mi ha chiesto cos’è che non andava. Io non riuscivo a risponderle, ma lei ha continuato a chiedere. Allora le ho detto di quell’uomo e di quello che mi aveva fatto. Abbiamo denunciato l’accaduto"
Per ricevere aiuto nel processo di guarigione e avere giustizia, Musa si è recato presso l’organizzazione femminile che supporta la salute mentale e fornisce assistenza legale per i sopravvissuti alla violenza di genere.
Sua madre dice che da quando frequenta il centro è riuscito a elaborare quanto accaduto e raccontare di più sugli episodi di violenza. Tuttavia, continua a restare assorto nei suoi pensieri, sembra molto ansioso e il suo rendimento scolastico ne risente.
“È diventato un ragazzino silenzioso, prima non lo era”.
Un neonato gattona in un centro di assistenza temporaneo per bambini abbandonati. In Sudan, come in molti altri contesti, le donne e le ragazze che rimangono incinte a causa di uno stupro affrontano sfide uniche e sono spesso costrette ad abbandonare i loro bambini
Lo stupro come arma di guerra
Questi racconti non sono episodi sporadici o violazioni che avvengono solamente in alcune zone del Sudan. Come nel caso di altri molti contesti di conflitto, la violenza sessuale è spesso usata come arma di guerra e, secondo l'ONU, è proprio quello che sta avvenendo in questo conflitto, con atrocità che si verificano in città e villaggi di tutto il Sudan.
Dobbiamo agire immediatamente per fermare gli stupri, proteggere le vittime ed espandere l’accesso ai servizi essenziali. I sopravvissuti alla violenza sessuale hanno bisogno di molto più che la sola compassione, hanno bisogno di un cambiamento, di giustizia e di accesso urgente a tutti i servizi di supporto. L'UNICEF continua a lavorare a fianco delle organizzazioni femminili e ai partner locali per garantire alle vittime l'accesso a supporto medico, psicologico e protezione.
Per saperne di più, leggi l'ultimo comunicato stampa
*I nomi contenuti nell'articolo sono inventati per tutelare i protagonisti